Coast2Coast Marocco All Mountain Alessandro Tedesco 12 Dicembre 2014 Bike News Tre esaltanti giorni di discese, e qualche salita, sull’Alto Atlas Dimenticate ogni stereotipo registrato nella vostra memoria sul Marocco. Resettate tutto il vostro archivio di archetipi desertici. Il Marocco è quanto di più vario e stupefacente possiate vedere! Le montagne, il verde, l’acqua, i canyon, le grandi vallate, le piantagioni, i pascoli. La gente, sempre infinitamente cordiale. Sono arrivato due giorni prima a Marrakech, ci sono stato già più volte, e sono innamorato di questo Paese. Così desidero sempre un contatto intimo con i luoghi e tutto ciò che li abita. Solo, mi attrezzo di macchina fotografica, bottiglia d’acqua e mi inoltro per i souk. Niente è più appagante che immergersi da soli nella quotidianità di una città come Marrakech, dove la vita sembra frenetica. Ma so che è apparenza. Solo un seducente caos: bici, bancarelle, muli che trascinano carrette, motorini improvvisati, scooter improbabili, donne in burqa e l’amica bionda dal tacco 15. Per non parlare di musicisti, saltimbanchi e maghi. Immancabili gli incantatori e giocolieri. È un altro pianeta, quello di Tatooine, dove regna il fascino strampalato de La Cantina di Mos Eisli, il pub multietnico di Guerre Stellari. E mai potrei godermi tutto questo se non fossi io, solo. Primo giorno 22 Maggio ore 9. Tra montaggi e smontaggi di bici, messe a punto, carico bagagli e appello, riusciamo a partire con solo 2 ore di ritardo: è una conquista! Carichiamo le borse sulle due Toyota offroad e partiamo dall’Hotel Les Trois Palmieres, al centro di Marrakech, per il breve transfer su per l’Alto Atlas: destinazione Azgour sul Jebel Timerrhit a 1900 metri slm. Naturalmente non poteva mancare la Gendarmerie Royale che approfittano di noi ignari italiani che non usiamo le fastidiose cinture di sicurezza: sono 200 dihram a sostegno delle Istituzioni marocchine! In due ore raggiungiamo il punto di partenza, ci accoglie una bella nebbiolina e una frizzante arietta fresca. Il gruppo freme, siamo in 10 provenienti da tutta l’Italia, da Sanremo, Bologna, Roma, Venezia e in due dalla Sicilia. Lungo il viaggio facciamo una breve sosta a Amizmiz dove rimaniamo affascinati dai bagni pubblici e le modalità di utilizzo dei secchielli colorati e del lavaggio di piedi: si lasciano le scarpe all’ingresso e si provvede col secchiello alla pulizia degli spazi utilizzati! Giusto adiacente ai bagni, il mattatoio pubblico. Raggiunta la periferia di Azgour, parcheggiamo su un piccolo promontorio, e dopo una breve pedalata ci troviamo dentro una nuvola pazzesca: fine maggio, freddo e pioggia! Cavoli, ma siamo in Marocco? Eh sì, siamo sopra i 2000 metri, dobbiamo farcene una ragione. Il fondo è tutto pietra e sotto di noi si aprono immensi canyon sui sottostanti. Il freddo non facilita i movimenti arrugginiti dal lungo viaggio dal continente europeo e gli stop sono frequenti perché il fondo è reso scivoloso dalla pioggia e la visibilità ridotta dalla nebbia, la bellezza dei posti è percepibile: solo singletrack a mezzacosta! Meraviglia. Con Alessandro sono continue imprecazioni, la mancanza del sole non ci permette di scattare foto come si deve. Ci tentiamo comunque. Mentre il gruppo si ricompatta azzardiamo ipotesi di luce per immortalare questi canyon, gli strapiombi su cui stiamo pedalando! Perdendo quota la temperatura si fa più mite. Arrivati a circa 1000 metri dopo 15 km di discesa ci fermiamo a Tanagolt dove ci aspetta una bella tavolata con tajin di carne o solo verdure per i vegetariani! Tra pollo, montone e verdure, e la ruggine nei muscoli, non ho più la forza di continuare a raidare: c’è la risalita con i mezzi e altri 15 km di discesa. Io e Andrea, il romano del gruppo, rinunciamo; ci fermiamo in una terrazza sul canyon, un posto molto new age con cuscini dovunque, tende, musichetta cool e signore crucche che si prendono il tè, leggono e approfittano del tiepido sole per abbronzarsi! E non ce ne pentiamo. Prima giornata chiusa con più di 30 km raidati su 2 itinerari diversi. La sera siamo al Centro Alpino Francese di Okaimedem, un rifugio a quota 2600 metri. Questo è uno dei principali Ski Resort del continente africano, non è che siano tanti. Oltre Okaimedem, in Marocco c’è Ifrane, poi nient’altro in Nord Africa, se non qualcosa di approssimativo. E lì c’è il Monte Toubkal, con i suoi 4163 metri, che ci osserva e ci attende! A cena ovviamente è divertimento puro, in sostanza la continuazione della giornata: tiene banco il nostro amico Ciccio con le sue osservazioni tipo: “laggiù in fondo quasi quasi si vede il mare”, oppure, “lui sotomizza e poi sta male”… Nel dopo cena si è abbastanza stanchi. Il primo giorno è stato solo di ambientamento; si rivedono le foto nella lounge, si comunica con l’Italia; al CAF siamo “vittime” di un’orda di ragazzini vestiti e tirati a puntino: è una scolaresca francese in gita che si esibisce in una sorta di festa/cerimonia di debutto in società: musica a palla e, due palle. Si dorme poco, mi faccio un giro al piano terra dove posso usare l’adsl e a notte fonda conosco un altro sonnambulo che stava ascoltando House e Tribal da Youtube! Cavoli, gli dico: Nice Music Yo! Yes, it’s the kind of music i like That’s mine too, I work as a dj some time Where you from? Italy, and you? From here! Here??? Morocco? Yes! Il brano era un remix di Four Tet dei Tinariwen “Tenere Taqhim Tosaam”. Ero davvero stupito di incontrare un marocchino che ascoltava musica di questo genere, piacevolmente stupito. Sono le 4, sarebbe meglio che io dormissi un paio d’ore. Secondo giorno Raggi di sole tiepidi e una bella luce bianca ci fanno sperare in una giornata calda e comunque senza pioggia. Bé, senza pioggia sì, ma caldo… alle 9 stiamo congelando, le mani non le sentiamo e pedalare è l’unica cosa che ci da solllievo! Sono un paio di chilometri di asfalto e poi entriamo nella riserva del Monte Toubkal. L’attrazione della giornata sono le mie scarpe: la suola si è aperta completamente e sono stato costretto a sistemarle con il nastro da imballaggio messo fortunatamente a disposizione dalla Premiata Ditta Ceramiche Caruana. Iniziamo la discesa su fondo tutto pietre, è una goduria: il sole finalmente riscalda i muscoli che rispondono a dovere! Reduan, la nostra guida local ha manico e scende a manetta seguito dai bolognesi, io con Alessandro e i sanremesi ci tratteniamo sempre in coda sparandoci raffiche di foto e farci quattro risate e poi fiondarci giù a ruota uno dietro l’altro a fare i “love train”! Che goduria! Il fondo ora è compatto, si entra in un bosco fittissimo e poi vegetazione mediterranea, poco dopo siamo dentro un villaggio che percorriamo in discesa tra le abitazioni e i saluti festeggianti dei locals. Oggi con il sole è divertimento puro, ogni tanto si pedala per riprendere il sentiero in discesa, e quando il ritmo sui tobogan naturali tra la macchia mediterranea diventa tremendamente flow allora andiamo in estasi. Per pranzo ci fermiamo in una casa nei pressi del villaggio di Imarin e Ciccio non fa che magnificare i tobogan dei sentieri appena percorsi che per lui diventano “tobolof” o “tobokof”. Pranziamo con un ottimo couscous e il solito tè verde; non c’è tregua per noi che alle battute di Ciccio – ma sono battute? – oramai ride pure la nostra guida marocchina Reduan! Continuiamo la nostra raidata in una zona dall’aspetto lunare: grandi calanchi provocati dalle eruzioni e colate vulcaniche e “tobolof”, canyon e dossi immensi uno dopo l’altro a mai finire. Siamo nella Valle di Ourika, arriviamo nel villaggio a 500 metri di altitudine felici come mai, oggi è stata una splendida giornata! Ci attendono i 4×4, risaliamo al CAF. Terzo giorno Oggi è la giornata più lunga: sono 42 chilometri di cui 35 in discesa! È l’ultimo giorno, i ragazzi se lo vogliono godere tutto. Questa mattina sembra meglio di ieri, e ne approfittiamo per fare delle foto in quota e perdere più tempo del dovuto… Io e Alessandro non ci facciamo scappare nulla: se sfugge uno scatto a me, è sicuro che non sfugge a lui e viceversa! Ma è un piacere cogliere l’attimo in cui raida Alessandro o Stevie: perfetti biker modelli. La nebbiolina del mattino non si dirada facilmente, ma oggi va tutto bene! Si provano subito due salti su una pietraia spettacolare ripresi da Ale e poi giù a velocità. Oggi siamo proprio sciolti e i singletrack a mezzacosta li percorriamo come treni su rotaie! Spettacolo puro passare da pietraie a bosco, tra i greggi di pecore e poi dentro i villaggi, tra le case, i gallinai, gli ovili e gli orti, tra le persone e i bambini che ti fermano e chiedono “uosc labas” (come va?) e si divertono a vederci andare in bici vestiti così. Raggiungiamo il villaggio di Ihlwan, solito lunch in casa di locals, ma prima di sederci al desco, proviamo a fare un paio di salti dal pianerottolo di ingresso dell’abitazione del nostro ospite marocchino, che impassibile ci osserva con sguardo sarcastico: insciallah! La ripartenza è dura, anche perché noi che abbiamo continuato a fare gli scemi siamo tutti sudati fradici, così per non prendermi un malanno mi spoglio e mi vesto con la Jallabba… Certo, non per raidare! Il finale della giornata è attraverso i campi di orzo, che percorriamo sfuggendo alle grida del contadino: Allah ykhasserlek erruaed! Kleb! Un Single track da favola tra le spighe, un fiume d’oro che attraversiamo sfuggendo alle maledizioni del contadino con un sorriso che va da un orecchio all’altro. Mi tuffo in quel fiume per riprendere con la macchina fotografica i biker che stanno arrivando così che Ale per poco non fa un 360° appena mi vede spuntare fuori! Sono più di 30 i chilometri percorsi, siamo al termine, manca ormai poco. A questo punto decidiamo che è obbligatorio indossare la Jallabba e scendere gli ultimi pochi chilometri rendendo onore al Marocco. E così fu! Certo, non consiglio a nessuno di farsi venire la malsana idea di andare in bici con tale indumento: mi si è impigliato nella guarnitura e mi stavo spaccando la gamba! Sono bastati pochi metri, giusto per la foto ricordo! Arriviamo alle pianure di Ourika, e qui termina il nostro viaggio in bici! Si torna a Marrakech, dove qualcuno starà qualche giorno in più per visitare questa splendida città, tutti convinti di ritornare ancora su queste montagne e spendere qualche giorno in più che un fine settimana. Torno a vestire i miei panni da esploratore solitario e a mescolarmi tra la folla della medina. Con quelle poche parole di arabo che ho imparato, riesco stupire i marocchini che non mi vedono più come un intruso, anche se l’abbigliamento tradisce la mia condizione, ma piuttosto una persona curiosa che desta curiosità. Il Marocco è una miniera di sentimenti e colori la cui nostalgia ti avvolge non appena lasci queste terre: l’istinto mi porta tra questa gente, questi sentieri, in queste montagne, nelle sabbie di questo deserto e mi costringe a tornare. Solo e in compagnia.